La lunga strada per Messi.

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La lunga strada per Messi.

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La lunga strada per Messi.
 
Che cosa succede alla tutela del diritto esclusivo conferito al titolare di un marchio registrato se il suo marchio è uguale al nome di un personaggio famoso? In un caso del genere esistono circostanze in cui la reputazione acquisita rivendicata da una personalità può essere invocata nei confronti del titolare del marchio anteriore?
 
Tali erano le domande su cui la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunziata dopo anni di controversie, nel caso congiunto di Lionel Messi contro EUIPO e J.M.-E.V. y HIJOS, S.r.l. Il processo è interessante soprattutto perché mette in luce le spinose questioni della somiglianza concettuale nella valutazione del rischio di confusione.
 
La disputa era iniziata il 23 novembre 2011, quando la società spagnola J.M.-E.V. y HIJOS, presentò un’opposizione contro la domanda di registrazione presentata da Lionel Messi, relativa al segno figurativo sottostante per prodotti delle classi 9, 25, 28 della classificazione di Nizza.

 
                                               
 
Il motivo dell’opposizione era il rischio di confusione[1] tra il segno domandato MESSI e i due precedenti marchi denominativi dell'Unione europea MASSI nella titolarità di J.M.-E.V. y HIJOS, registrati rispettivamente per prodotti e servizi nelle classi 9, 12, 28 e 18, 25, 35 della Classificazione di Nizza.
 
Nel merito, la Divisione di opposizione, applicando i criteri normali per la valutazione del rischio di confusione tra i segni in conflitto, ha ritenuto che i prodotti fossero in parte identici e in parte simili. Inoltre, che, i segni sono visivamente e foneticamente simili perché coincidono in quattro delle loro cinque lettere, “M*SSI”. Dato che le uniche differenze tra il segno e il marchio anteriore risiedono nelle loro seconde lettere, “A” e “E”, rispettivamente, e negli elementi figurativi del segno contestato.
 
Inoltre, la Divisione ha ritenuto che i marchi sono concettualmente dissimili, perché solo una parte del pubblico di riferimento nell’Unione Europea assocerebbe “MESSI” al cognome del famoso calciatore “Lionel Messi”. Invece, per la parte del pubblico che assocerebbe significati diversi ai marchi, o per cui uno dei marchi è privo di significato, risulterà che i marchi sono concettualmente dissimili. Per la restante parte del pubblico, per cui nessuno dei segni abbia un significato, risulterà che i segni non hanno alcun concetto in comune. Ne consegue che, la divisione di opposizione, con decisione del 12 giugno 2013, ha accolto l'opposizione per tutti i prodotti contestati.
 
Di conseguenza in tutti i procedimenti successivi, la divergenza tra le parti ruotava principalmente attorno alla valutazione concettuale del segno impugnato. Infatti, il 9 agosto 2013 Lionel Messi ha presentato ricorso sostenendo che il marchio “MESSI” sarebbe concettualmente associato al calciatore da tutti i consumatori interessati e che, tenuto conto delle differenze visive e sonore tra i marchi, non vi è rischio di confusione.
 
Nel merito, la commissione di ricorso ha approvato i criteri standard utilizzati nella valutazione del rischio di confusione. In particolare, la Commissione ha ritenuto che i consumatori ragionevolmente attenti non attribuirebbero alcun contenuto concettuale chiaro ai marchi in conflitto, salvo, forse, che essi sarebbero associati a parole o nomi dal suono italiano. Nel senso che, “MESSI” e “MASSIsono parole prive di significato per la maggior parte dei consumatori e che la dissomiglianza concettuale basata sulla fama di cui gode Lionel Messi tra i tifosi riguarda solo una parte del pubblico, che è interessato al calcio e allo sport in generale.
 
A giudizio della Commissione, non vi sono elementi che suggeriscano che il marchio “MESSI” sarà concettualmente associato al calciatore da tutti i consumatori interessati. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, si deve presumere che tale associazione concettuale non sarà ovviamente percepita dalla totalità del pubblico di riferimento. Perciò, la prima commissione di ricorso, con decisione del 23 aprile 2014, ha dichiarato che il ricorso è infondato in quanto la decisione è corretta su tutti i punti e deve essere confermata.
 
Insoddisfatto della decisione della Commissione, Lionel Messi ha depositato un ricorso in Tribunale il 25 luglio 2014, sostenendo che la commissione di ricorso ha ritenuto erroneamente che vi era un rischio di confusione tra i marchi in questione[2]. Inoltre, egli ha dichiarato che dato l’elemento verbale del segno “MESSI” è costituito dal cognome patronimico del calciatore più famoso, Lionel Messi e che la sua notorietà esula dal contesto puramente sportivo.
 
A suo avviso ne consegue che la valutazione sottostante non ha tenuto conto delle differenze significative tra i due segni, in particolare sul piano concettuale. In più, egli ha dichiarato che secondo la giurisprudenza, occorre tener conto dell'eventuale notorietà della persona che chiede che il suo cognome o nome sia registrato come marchio, poiché tale notorietà può influire sulla percezione del marchio da parte del pubblico di riferimento.
 
Per di più, egli ha dichiarato che si deve tener conto dell'elemento figurativo del marchio richiesto. Tali elementi grafici rappresentanti la lettera maiuscola “M” in modo stilizzato sopra l’elemento verbale, consentono di distinguere chiaramente tra i due marchi e renderebbero il marchio del famoso calciatore Lionel Messi spontaneamente riconoscibile da tutti i consumatori del territorio di riferimento.
 
Nella sua confutazione, la società spagnola J.M.-E.V. y HIJOS affermò che la notorietà acquisita rivendicata da una personalità non può in alcun caso essere invocata nei confronti del titolare del marchio anteriore perché, se così non fosse, tale titolare sarebbe privato del suo diritto solo perché il suo marchio registrato è uguale al nome di una persona famosa. Inoltre, se fosse consentita la coesistenza dei segni in conflitto, il carattere distintivo del marchio anteriore MASSI sarebbe chiaramente diluito.
 
Sulla questione dell’errata valutazione concettuale sollevata dal ricorrente Lionel Messi, il Tribunale ha osservato che, il ricorrente ha sostenuto per la prima volta nell'ambito del presente procedimento e senza fornire prove a sostegno delle sue affermazioni, che Lionel Messi è una personalità pubblica la cui reputazione va oltre il campo puramente sportivo e che negli ultimi anni è considerato da varie organizzazioni sportive come il miglior giocatore del mondo.
 
A tal riguardo, il Tribunale ha osservato che, sebbene sia costante giurisprudenza i fatti non dedotti dalle parti dinanzi agli organi di EUIPO non possano più essere invocati nella fase del procedimento dinanzi al Tribunale e che quest'ultima, non può rivalutare le circostanze fattuali alla luce degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi ad se. In quanto la legittimità di una decisione di una commissione di ricorso dell'EUIPO deve essere valutata alla luce delle informazioni di cui disponeva la Commissione al momento dell'adozione della decisione[3].
 
Tuttavia, a tal fine, la limitazione della base fattuale dell'esame condotta dalla Commissione di ricorso non le impedisce di prendere in considerazione, oltre ai fatti espressamente addotti dalle parti del procedimento di opposizione, fatti ben noti, cioè, i fatti che possono essere conosciuti da chiunque o che possono essere apprese da fonti generalmente accessibili[4]. A tal riguardo, secondo il Tribunale si deve rilevare che gli elementi di prova forniti dal ricorrente a sostegno delle sue affermazioni in merito alla notorietà del nome Messi non sono informazioni di cui la commissione di ricorso non poteva disporre al momento in cui ha adottato la sua decisione[5].
 
Il Tribunale nella sua valutazione globale del rischio di confusione ha rilevato che, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che eventuali differenze concettuali sarebbero state percepite, se necessario, solo da una parte del pubblico di riferimento. Al contrario, una parte significativa del pubblico di riferimento assocerà il termineMESSIal nome del noto calciatore e quindi percepirà la parolaMASSIcome concettualmente diversa.
 
A tal riguardo, il Tribunale ha rilevato che, secondo la giurisprudenza, tali differenze concettuali possono, in determinate circostanze, neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche tra i segni in conflitto. Affinché possa esistere una tale neutralizzazione, almeno uno dei segni in conflitto deve avere, dal punto di vista del pubblico di riferimento, un significato chiaro e specifico, in modo che il pubblico sia in grado di comprenderlo immediatamente[6]. Ne consegue che le differenze concettuali tra i segni in conflitto sono tali da neutralizzare le somiglianze visive e fonetiche.
 
Conseguentemente per il Tribunale, il grado di somiglianza tra i marchi in questione non è sufficientemente elevato da ritenere che il pubblico di riferimento possa credere che i prodotti in questione provengano dalla stessa impresa o, secondo i casi, da imprese economicamente collegate. Per cui, il Tribunale annullò la decisione della commissione di ricorso.
 
Successivamente sia l’EUIPO[7] che J.M.-E.V. y HIJOS[8] ha presentato ricorso alla Corte di giustizia avverso la decisione. L’EUIPO ha presentato per un unico motivo[9] per il ricorso, ha contestato al Tribunale di aver respinto l'esistenza del rischio di confusione, in quanto una parte significativa del pubblico di riferimento distinguerà i segni da un punto di vista concettuale. Al contrario il Tribunale avrebbe dovuto valutare se anche l'altra parte di tale pubblico fosse significativa e, in caso affermativo, prendere in considerazione l’eventuale esistenza di un rischio di confusione per quanto riguarda questa parte.  
 
La Corte ha ritenuto che tale motivo si basi su una lettura errata della sentenza impugnata. Dato che, era in considerazione della percezione dei marchi in conflitto nel suo insieme da parte del pubblico di riferimento che il Tribunale ha ritenuto che la Commissione di ricorso avesse erroneamente ritenuto che sussistesse un rischio di confusione.
 
J.M.-E.V. y HIJOS ha presentato quattro motivi per il ricorso. Tuttavia, il nostro esame sarà limitato alle questioni di somiglianza concettuale, il primo e il terzo motivo di ricorso.
 
Sul primo motivo, ha contestato al Tribunale di aver tenuto conto, nell'ambito della valutazione del rischio di confusione, della notorietà della persona il cui nome chiede la registrazione come marchio dell'Unione europea.
 
La Corte, confermando la sua precedente sentenza in Becker[10], ha ritenuto che questo motivo è infondato. Dato che, nell'ambito della valutazione globale del rischio di confusione, si deve tener conto della notorietà o del riconoscimento di cui gode il marchio anteriore. Tuttavia, occorre anche tener conto della notorietà della persona che chiede che il proprio nome e cognome, presi insieme, siano registrati come marchio, poiché tale fattore può ovviamente influenzare la percezione del marchio da parte del pubblico di riferimento.
 
Sul terzo motivo, J.M.-E.V. y HIJOS ha contestato al Tribunale di aver preso in considerazione fatti e prove prodotti per la prima volta dinanzi ad esso e ha quindi consentito una modifica dell'oggetto del procedimento.
 
La Corte ha ritenuto che questo motivo è infondato. Dato che la reputazione del nome Messi, come cognome del calciatore di fama mondiale (e come personaggio pubblico), è un fatto ben noto. Pertanto, il Tribunale aveva il diritto di prendere in considerazione argomenti e prove al riguardo nella sua valutazione della somiglianza concettuale dei segni.
 
Ne consegue che il 17 settembre 2020, la Corte ha respinto integralmente il ricorso congiunto, escludendo ogni rischio di confusione e consentendo la registrazione del segno figurativo Messi come marchio dell'Unione europea.
 
Indubbiamente, la sentenza conferma un'eccezione alla regola che stabilisce il peso aggiuntivo di un nome noto sulla scala di valutazione del rischio di confusione tra due segni in conflitto[11].
 
A tale proposito, è ragionevole supporre che l'eccezione abbia raggiunto il suo scopo, di sanare un difetto, una convinzione generale, errata di per sé che, in linea di principio, qualsiasi cognome che coincide con un marchio anteriore possa effettivamente impedire la registrazione di un marchio composto comprendente un nome e il cognome in questione sulla base di un rischio di confusione[12]. Resta da vedere se l’eccezione sarebbe ugualmente applicabile nel caso di una ragione sociale ben nota o nel caso di un marchio noto contro un nome noto.

[1] Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 (RMUE)

[2] Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 (RMUE)

[3] Causa T235/12, CEDC International v UAMI- Underberg (Forma di un filo d’erba in una bottiglia), EU:T:2014:1058, § 25

[4] Articolo 72 RMUE

[5] Causa T-185/02, Ruiz-Picasso and altri v UAMI — DaimlerChrysler (PICARO), EU:T:2004:189, § 29~31

[6] Causa C-361/04, Ruiz-Picasso e altri v UAMI, EU:C:2006:25, § 20

[7] Causa C-449/18

[8] Causa C-474/18

[9] Violazione dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

[10] Causa C 51/09, Barbara Becker v Harman International Industries Inc., EU:C:2010:368, § 37

[11] Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

[12] Case C51/09, Barbara Becker, Opinion of Advocate General Cruz Villalón, EU:C:2010:170, § 59



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